Cassazione penale Sez. V sentenza n. 6493 del 3 luglio 1993

(2 massime)

(massima n. 1)

Il diritto alla «identità personale», cioè il diritto di ciascuno di «essere se stesso» e di essere quindi tutelato dall'attribuzione di connotazioni estranee alla propria personalità, suscettibili di determinare la trasfigurazione o il travisamento di quest'ultima, non può implicare la pretesa di una costante corrispondenza tra la narrazione di fatti riferiti ad una determinata persona e l'idea che la medesima ha del proprio io, giacché, altrimenti, verrebbe automaticamente preclusa ogni possibilità di esercizio del legittimo diritto di critica.

(massima n. 2)

In tema di diffamazione a mezzo stampa il diritto di critica si differenzia da quello di cronaca essenzialmente in quanto il primo non si concretizza, come l'altro, nella narrazione di fatti, bensì nella espressione di un giudizio o, più genericamente, di un'opinione che, come tale, non può pretendersi rigorosamente obiettiva, posto che la critica, per sua natura, non può che essere fondata su una interpretazione, necessariamente soggettiva, di fatti e comportamenti. Ne consegue che l'esercizio di un tale diritto non può trovare altro limite che non sia quello dell'interesse pubblico e sociale della critica stessa, in relazione all'idoneità delle persone e dei comportamenti criticati a richiamare su di sé una comprensibile e oggettivamente apprezzabile attenzione dell'opinione pubblica.

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