Cassazione penale Sez. V sentenza n. 25138 del 2 luglio 2007

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di diffamazione a mezzo stampa, i limiti della critica alle istituzioni giudiziarie sono preordinati a garantirne la difesa da attacchi sprovvisti di fondamento e non suscettibili di smentita in virtù del dovere di riservatezza che impedisce ai magistrati presi di mira di reagire agli attacchi loro rivolti; tali limiti non sussistono qualora la critica concerna indagini non in corso ma inchieste giudiziarie aventi innegabile effetto politico (inchiesta «Mani pulite»), e il dibattito polemico sia scaturito da una riflessione pubblica innestata dalla stessa persona offesa che si sia risolta ad intervenire liberamente sulla scena pubblica esternando le proprie considerazioni attraverso un'intervista a un quotidiano a tiratura nazionale, oggetto di replica da parte dell'articolo di stampa incriminato; d'altro canto, l'art. 21 Cost., analogamente all'art. 10 Cedu, non protegge unicamente le idee favorevoli o inoffensive o indifferenti, essendo al contrario principalmente rivolto a garantire la libertà proprio delle opinioni che «urtano, scuotono o inquietano» con la conseguenza che di esse non può predicarsi un controllo se non nei limiti della continenza espositiva, che, una volta riscontrata, integra l'esimente del diritto di critica.

(massima n. 2)

In tema di esercizio del diritto di critica giudiziaria, il ruolo fondamentale svolto dalla libertà di stampa nel dibattito democratico non consente di escludere che essa si esplichi anche in attacchi al potere giudiziario. La critica nei confronti delle istituzioni giudiziarie, tuttavia, è soggetta a limiti più rigorosi rispetto a quella riguardante altri soggetti pubblici, in considerazione del dovere di riservatezza che impedisce ai magistrati presi di mira di reagire agli atti a loro rivolti. (Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la polemica contenuta in un articolo di stampa riguardante la conduzione di un noto filone di indagini giudiziarie non solo si inseriva in una situazione nella quale, non essendovi indagini in corso, non vi era motivo di riservatezza che impedisse al magistrato del pubblico ministero di reagire, ma soprattutto che era stato lo stesso magistrato, con una intervista rilasciata ad un quotidiano a tiratura nazionale, ad aver in qualche modo “reagito” alla suddetta polemica). (Mass. redaz.).

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