Cassazione penale Sez. V sentenza n. 11632 del 14 marzo 2008

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di tutela dell'onore, ancorché in generale, al fine di accertare se sia stato leso il bene protetto dall'art. 594 c.p., sia necessario fare riferimento ad un criterio di media convenzionale in rapporto alla personalitą dell'offeso e dell'offensore ed al contesto nel quale la frase ingiuriosa sia stata pronunciata, esistono, tuttavia, limiti invalicabili, posti dall'art. 2 Cost., a tutela della dignitą umana, di guisa che alcune modalitą espressive sono oggettivamente (e dunque per l'intrinseca carica di disprezzo e dileggio che esse manifestano e/o per la riconoscibile volontą di umiliare il destinatario) da considerarsi offensive e, quindi, inaccettabili in qualsiasi contesto pronunciate, tranne che siano riconoscibilmente utilizzate « ioci causa» (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto immune da censure la decisione con cui il giudice di appello ha ritenuto integrato il delitto di cui all'art. 594 c.p. nelle espressioni usate da un legale nei confronti di un collega, al quale si era rivolto, in occasione di un'udienza civile, dicendogli 'vai a ..: Dio li fa e poi li accoppia, riferendosi anche al cliente dell'avvocato avversario).

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