Cassazione penale Sez. V sentenza n. 1358 del 6 febbraio 1987

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai fini della sussistenza del delitto di falsità, materiale o ideologica, in atto pubblico, è sufficiente il dolo generico. Ciò non importa, però, che il dolo inest in re ipsa; al contrario, esso deve essere sempre rigorosamente provato e deve essere escluso tutte le volte in cui la falsità, risulti essere oltre o contro la intenzione dell'agente, come quando risulti essere semplicemente dovuta ad una leggerezza o ad una negligenza di costui, poiché il sistema vigente ignora del tutto la figura del falso documentale colposo. Quanto alla prova, il dolo, quale fenomeno interno e soggettivo, si manifesta attraverso segni esteriori, sicché resta affidata ai facta concludentia, ossia a quelle modalità estrinseche dell'azione dotate di valore sintomatico; assume anche rilievo (a volte decisivo), ai fini della prova, l'eventuale scopo perseguito o meno dall'agente, di modo che l'indagine — riservata al giudice di merito — esige che ogni singolo caso sia inquadrato e valutato nella cornice di circostanze concomitanti. (Fattispecie relativa ad annullamento di sentenza assolutoria non sufficientemente motivata, alla stregua degli indicati parametri, sulla mancanza di dolo).

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