Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2119 del 23 febbraio 2000

(1 massima)

(massima n. 1)

Un marchio contraffatto può trarre in inganno un compratore, così da integrare, in caso di vendita della merce, il reato ex art. 474 c.p., solo se la provenienza prestigiosa del prodotto costituisce l'unico elemento qualificatore o comunque quello prevalente per determinare nell'acquirente di media esperienza la volontà di acquistare il prodotto stesso. Qualora viceversa altri elementi del prodotto, quali la evidente scarsità qualitativa del medesimo o il suo prezzo eccessivamente basso rispetto al prezzo comune di mercato, siano rivelatori agli occhi di un acquirente di media esperienza del fatto che il prodotto non può provenire dalla ditta di cui reca il marchio, la contraffazione di quest'ultimo cessa di rappresentare un fattore sviante della libera determinazione del compratore. (Nella fattispecie la Corte ha ritenuto che la grossolanità della contraffazione era evidente per la diversità del colore dei marchi, i loro contorni, la loro collocazione sul prodotto, le cuciture, la grafica stessa, il materiale usato (cartone anziché pelle).

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