Cassazione penale Sez. I sentenza n. 1799 del 27 maggio 1986

(2 massime)

(massima n. 1)

L'arresto dell'associato non costituisce causa interruttiva della permanenza del delitto di partecipazione, semplice o qualificata, ad associazione per delinquere, ma può essere solo significativo dell'avvenuto suo recesso dal sodalizio e ciò va accertato caso per caso esaminando la sua condotta.

(massima n. 2)

La mera notificazione in carcere ad un imputato detenuto di un ordine o di un mandato di cattura per delitto di partecipazione ad associazione per delinquere non può far conseguire l'effetto sostanziale di interrompere lo stato di consumazione in corso, trattandosi di un fatto addirittura irrilevante anche ai soli fini della prova dell'avvenuto recesso. Un tale effetto può essere riconosciuto solo alla sentenza di primo grado, posto che la cristallizzazione dell'imputazione nel decreto di citazione a giudizio e la possibilità della contestazione suppletiva al dibattimento con la precisazione sino a quella data della effettiva permanenza del reato, segnano il momento di saldatura — sia pur per necessaria fictio iuris — dell'aspetto sostanziale con quello processuale del reato e, salvaguardando il principio del ne bis in idem, impediscono lo sviamento del procedimento penale dalla sua istituzionale e garantistica funzione di strumento di applicazione del diritto penale sostanziale.

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