Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2160 del 16 febbraio 1990

(1 massima)

(massima n. 1)

Il termine «allontanarsi», impiegato dall'art. 385 c.p. per chi è agli arresti domiciliari, va letto con riferimento a quest'ultima espressione e nel più ampio contesto dell'economia cui la norma corrisponde, nel senso cioè che l'interessato resti nel luogo, indicato appunto ai fini degli arresti domiciliari come idoneo ad impedire che fuori di esso esprima la propria pericolosità, consentendo in pari tempo un agevole controllo all'autorità di polizia. Il legislatore invece ha riservato il termine «evadere» a quanti escano dal luogo istituzionalmente destinato alla custodia delle persone e in cui invece avrebbero dovuto rimanere per tale esigenza. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso avverso sentenza di condanna di imputato sorpreso dagli agenti della polizia a 50 metri dall'abitazione in cui si trovava agli arresti domiciliari, si era sostenuto che se il legislatore avesse voluto sanzionare anche il comportamento di chi avesse varcato unicamente la soglia di casa, senza andare lontano, non avrebbe impiegato, in luogo dell'espressione «evadere», il termine «allontanarsi», che sta a significare andare lontano, cioè il contrario di quanto era avvenuto nel caso dell'imputato che fu fermato vicino all'abitazione).

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