Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 13113 del 2 ottobre 1990

(2 massime)

(massima n. 1)

L'art. 385 terzo comma c.p. nel punire l'allontanamento dell'imputato, sottoposto agli arresti domiciliari, dalla propria abitazione configura un'autonoma fattispecie delittuosa equiparata al delitto di evasione di cui ai precedenti commi soltanto quoad poenam.

(massima n. 2)

L'incriminazione della condotta dell'imputato allontanatosi dalla propria abitazione, ove sia astretto per gli arresti domiciliari, trova la sua ratio nell'esigenza di garantire il rispetto dei provvedimenti adottati dall'autoritā giudiziaria in tema di libertā personale. L'autorizzazione di allontanarsi dal domicilio per recarsi al lavoro fissa il limite invalicabile entro il quale la condotta stessa non č punibile. Ne consegue che l'imputato, nell'ipotesi in cui violi l'autorizzazione stessa e si rechi in localitā diversa dal luogo di lavoro indicato, pone in essere un comportamento che, eccedendo dal permesso accordatogli, rientra nella previsione dell'art. 385 c.p.

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