Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 9079 del 17 agosto 1995

(2 massime)

(massima n. 1)

La configurabilità del delitto di favoreggiamento, sotto il profilo del rapporto cronologico con il reato principale, postula necessariamente che la commissione di quest'ultimo, nel suo momento iniziale, sia anteriore alla condotta assunta come favoreggiatrice, ma non anche che il reato principale sia già esaurito nell'atto in cui detta condotta viene posta in essere. Ne consegue che l'aiuto consapevolmente prestato a soggetto che perseveri attualmente nella condotta costituiva di un reato permanente dà luogo generalmente a concorso in tale reato e non a favoreggiamento, a meno che detto aiuto, per le caratteristiche e per le modalità pratiche con le quali viene attuato, non possa in alcun modo tradursi in un sostegno o incoraggiamento dell'altro nella protrazione della condotta criminosa, ma, al contrario, costituisca soltanto una facilitazione alla cessazione di essa, sia pure al fine di tentare di ottenere l'impunità. (Nella fattispecie la Corte ha annullato con rinvio sentenza di condanna per concorso in detenzione di sostanza stupefacente).

(massima n. 2)

Se, nel corso dell'azione relativa a reato permanente posto in essere da taluno, altri intervenga per prestare la propria opera, in questa ultima condotta deve ravvisarsi alternativamente il concorso nel reato permanente o il delitto di favoreggiamento personale, secondo una concreta valutazione dell'elemento soggettivo. Il giudice di merito deve, perciò, portare il suo esame sull'animus dell'agente per accertare se in lui vi fosse l'intenzione di partecipare positivamente all'azione già posta in essere da altri oppure di aiutare il responsabile del reato ad eludere le investigazioni dell'autorità. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio sentenza di condanna per concorso in detenzione di sostanza stupefacente).

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