Cassazione penale Sez. I sentenza n. 7005 del 14 luglio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

Nel caso in cui l'imputato invochi la concessione della circostanza attenuante della provocazione ed alleghi il fatto ingiusto collegato all'evento, è a carico del giudice stabilire se sussista un nesso tra fatto ingiusto e condotta offensiva dell'autore del reato o se la reazione fu invece dovuta a motivi sopravvenuti di diverso tenore, non essendo l'imputato onerato di prova in proposito. (Nella specie, relativa ad omicidio di persona che dominava la zona in cui si esercitava la prostituzione, l'imputato marito di prostituta che il giorno precedente era stata minacciata e percossa dalla vittima perché aveva apposto il suo rifiuto quando la stessa le aveva detto che doveva pagarla se voleva lavorare in quel luogo, aveva invocato la concessione dell'attenuante. Questa, negata dalla Corte d'assise d'appello poiché non vi era prova che l'imputato aveva agito solo per lo stato d'ira insorto nella immediatezza o per il ricordo del fatto provocatorio della vittima anziché per la prevalenza, ritenuta dalla corte medesima escluso ogni nesso con le minacce e le percosse, della baldanza e del biasimevole comportamento con cui l'imputato si era esposto allo scontro del giorno successivo e al pericolo insito in esso, è stata ritenuta sussistente dalla Suprema Corte con l'affermazione del principio di cui in massima).

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