Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1333 del 4 febbraio 1998

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di rapporto tra diritto di difesa e accuse calunniose, nel corso del procedimento instaurato a suo carico l'imputato può negare, anche mentendo, la verità delle dichiarazioni a lui sfavorevoli ed in tal caso l'accusa di calunnia, implicita in tale condotta, integra legittimo esercizio del diritto di difesa e si sottrae perciò alla sfera di punibilità penale in applicazione della causa di giustificazione prevista dall'art. 51 c.p. Quando però l'imputato, travalicando il rigoroso rapporto funzionale tra tale sua condotta e la confutazione dell'imputazione, non si limiti a ribadire la insussistenza delle accuse a suo carico, ma assuma ulteriori iniziative dirette a coinvolgere l'accusatore — di cui pure conosce l'innocenza — nella incolpazione specifica, circostanziata e determinata di un fatto concreto, sicché da ciò derivi la possibilità dell'inizio di una indagine penale da parte dell'autorità, si è al di fuori del mero esercizio del diritto di difesa e si realizzano, a carico dell'agente, tutti gli elementi costitutivi del delitto di calunnia.

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