Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 263 del 16 gennaio 1995

(1 massima)

(massima n. 1)

Il custode di beni di cui sia certa la titolarità e l'appartenenza allo Stato in attesa che l'amministrazione provveda ad una loro destinazione d'uso è, alla stregua dell'art. 358 c.p., come «novellato» dall'art. 18 della L. 26 aprile 1990, n. 86, un incaricato di pubblico servizio perché non svolge semplici mansioni d'ordine né porta un'opera meramente manuale, ma esercita, con autonomia e discrezionalità, poteri di gestione finalizzati alla salvaguardia del patrimonio immobiliare dello Stato, in attesa della sua definitiva destinazione non necessariamente identificabile — in ipotesi — con una concessione di uso privato del bene, onde egli concorre al conseguimento di un interesse della collettività, che caratterizza il pubblico servizio. Ne consegue che il custode dell'eredità giacente devoluta allo Stato che si appropria di beni mobili facenti parte della stessa eredità a lui affidati per ragione di servizio commette delitto di peculato.

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