Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 10219 del 29 settembre 1998

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di omissione di atti d'ufficio, ai fini dell'art. 328, comma secondo, c.p., la richiesta del privato deve atteggiarsi sostanzialmente come una diffida, non potendosi assegnare il valore di una formale richiesta alla mera segnalazione di un pericolo connesso allo stato di un immobile. (Nella specie, modesto manufatto sito in zona rurale).

(massima n. 2)

In tema di omissione di atti di ufficio, dalla lettera del secondo comma dell'art. 328 c.p. si ricava che la facoltā di interpello del privato, cui corrisponde un dovere di rispondere o di attivarsi da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, č riconosciuta esclusivamente al soggetto che abbia interesse al compimento dell'atto. Tale interesse non si identifica con quello generale al buon andamento della pubblica amministrazione, che riguarda tutti i consociati, ma in quello che fa capo a una situazione giuridica soggettiva su cui il provvedimento č destinato direttamente a incidere. (Fattispecie nella quale č stato ritenuto trattarsi di un interesse di mero fatto quello connesso a una lamentata situazione di pericolo interessante un manufatto limitrofo alla proprietā del soggetto che reclamava l'adozione di un provvedimento contingibile e urgente; provvedimento che, come affermato dalla Suprema Corte, č espressione di un potere pubblico di intervento con finalitā di interesse generale rispetto al quale non sono individuabili soggetti specificatamente destinatari dell'atto amministrativo).

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