Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2510 del 24 gennaio 2004

(1 massima)

(massima n. 1)

Il reato di rifiuto di atti d'ufficio (art. 328 c.p.) non richiede che il rifiuto sia espresso in modo solenne o formale, ma può essere espresso anche dalla silente inerzia del pubblico ufficiale, protratta senza giustificazione oltre i termini di comporto o addirittura di decadenza, nei casi in cui essa dipenda, per il privato, dal mancato compimento dell'atto entro un termine. (Nell'affermare il suddetto principio, la Corte ha ritenuto sussistente il reato contestato nel comportamento del messo di conciliazione che, informato dell'esistenza di un termine perentorio per la notifica di un atto di citazione, vi aveva provveduto senza giustificato motivo a termine oramai scaduto).

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