Cassazione civile Sez. III sentenza n. 5444 del 14 marzo 2006

(5 massime)

(massima n. 1)

L'obbligo del consenso informato insiste sul sanitario che, una volta richiesto dal paziente dell'esecuzione di un determinato trattamento, decide in piena autonomia secondo la lex artis di accogliere la richiesta e di darvi corso, a nulla rilevando che la richiesta del paziente discenda da una prescrizione di altro sanitario.

(massima n. 2)

La differenza fra l'omessa pronuncia di cui all'art. 112 c.p.c. e l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui al n. 5 dell'art. 360 c.p.c. si coglie, infatti, nel senso che nella prima l'omesso esame concerne direttamente una domanda od un'eccezione introdotta in causa (e, quindi, nel caso del motivo d'appello uno dei fatti costituitivi della «domanda» di appello), mentre nel caso dell'omessa motivazione l'attività di esame del giudice che si assume omessa non concerne la domanda o l'eccezione direttamente, bensì una circostanza di fatto che, ove valutata avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un'eccezione e, quindi su uno dei fatti Cosiddetto principali della controversia.

(massima n. 3)

La responsabilità del sanitario (e di riflesso della struttura per cui egli agisce) per violazione dell'obbligo del consenso informato discende dalla tenuta della condotta omissiva di adempimento dell'obbligo di informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente venga sottoposto e dalla successiva verificazione in conseguenza dell'esecuzione del trattamento stesso, e, quindi, in forza di un nesso di causalità con essa di un aggravamento delle condizioni di salute del paziente, mentre, ai fini della configurazione di siffatta responsabilità è del tutto indifferente se il trattamento sia stato eseguito correttamente o meno, svolgendo rilievo la correttezza dell'esecuzione agli effetti della configurazione di una responsabilità sotto un profilo diverso, cioè riconducibile, ancorché nel quadro dell'unitario «rapporto» in forza del quale il trattamento è avvenuto, direttamente alla parte della prestazione del sanitario (e di riflesso della struttura ospedaliera per cui egli agisce) concretatesi nello svolgimento dell'attività di esecuzione del trattamento. La correttezza o meno del trattamento, infatti, non assume alcun rilievo ai fini della sussistenza dell'illecito per violazione del consenso informato, in quanto è del tutto indifferente ai fini della configurazione della condotta omissiva dannosa e dell'ingiustizia del fatto, la quale sussiste per la semplice ragione che il paziente, a causa del deficit di informazione non è stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni e che, quindi, tale trattamento non può dirsi avvenuto previa prestazione di un valido consenso ed appare eseguito in violazione tanto dell'art. 32 comma secondo della Costituzione, (a norma del quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge), quanto dell'art. 13 della Costituzione, (che garantisce l'inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica), e dall'art. 33 della legge 23 d'accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarlo e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità; ex art. 54 c.p.), donde la lesione della situazione giuridica del paziente inerente alla salute ed all'integrità fisica. Mentre, sul piano del danno-conseguenza, venendo in considerazione il peggioramento della salute e dell'integrità fisica del paziente, rimane del tutto indifferente che la verificazione di tale peggioramento sia dovuta ad un'esecuzione del trattamento corretta o scorretta.

(massima n. 4)

Per individuare, alla stregua dell'art. 1917 c.c., il «fatto accaduto durante il tempo dell'assicurazione», riguardo al quale una polizza assicurativa copra la responsabilità civile dell'assicurato verso il terzo è indispensabile considerare il tenore della relativa clausola identificativa di detto fatto, onde comprendere che cosa le parti abbiano inteso ricondurre sotto la copertura assicurativa ed in particolare se abbiano inteso il fatto idoneo a determinare la responsabilità civile verso il terzo, ove imputabile a condotta umana, come comprensivo solo delle condotte causative di danno a terzi poste in essere sotto la vigenza della polizza ovvero lo abbiano inteso come comprensivo anche delle conseguenze dannose di condotte tenute prima della vigenza della polizza.

(massima n. 5)

In tema di responsabilità dell'ente ospedaliero per violazione dell'obbligo di informare il paziente sulla natura dell'intervento, sulla portata ed estensione dei suoi risultati e sulle possibilità e probabilità dei risultati conseguibili, la correttezza o meno del trattamento non assume alcun rilievo ai fini della sussistenza dell'illecito per violazione del consenso informato, in quanto è del tutto indifferente ai fini della configurazione della condotta omissiva dannosa e dell'ingiustizia del fatto, la quale sussiste per la semplice ragione che il paziente, a causa del deficit di informazione, non è stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni, con la conseguenza che tale trattamento non può dirsi avvenuto previa prestazione di un valido consenso ed appare eseguito in violazione tanto dell'art. 32, comma secondo, Cost., (a norma del quale nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge), quanto dell'art. 13 Cost. (che garantisce l'inviolabilità della libertà personale con riferimento anche alla libertà di salvaguardia della propria salute e della propria integrità fisica), e dell'art. 33, legge 23 dicembre 1978, n. 833 (che esclude la possibilità di accertamenti e di trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, se questo è in grado di prestarla e non ricorrono i presupposti dello stato di necessità ex art. 54 c.p.). L'obbligo d'informazione grava sul sanitario che, una volta richiesto dal paziente dell'esecuzione di un determinato trattamento, ne decide l'esecuzione in piena autonomia, a nulla rilevando che la richiesta del paziente discenda da prescrizione di altro medico specialista.

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