Cassazione civile Sez. III sentenza n. 6318 del 16 maggio 2000

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di responsabilità del primario ospedaliero per i danni derivanti a neonato da difettosa assistenza nelle varie fasi del parti, se è vero che costui non può essere chiamato a rispondere di ogni evento dannoso che si verifichi in sua assenza nel reparto affidato alla sua responsabilità, non essendo esigibile un controllo continuo ed analitico di tutte le attività terapeutiche che vi si compiono, tuttavia, la «responsabilità del malato» che gli attribuisce l'art. 7 del D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, e, in particolare, la pratica sui degenti, prevista dalla stessa norma, degli «interventi diagnostici e terapeutici che ritenga di non affidare ai suoi collaboratori» gli impongono la puntuale conoscenza delle situazioni cliniche che riguardano i degenti, a prescindere dalle modalità della acquisizione di tale conoscenza (con visita diretta o interpello degli altri medici ed operatori sanitari), e la «vigilanza sull'attività del personale sanitario» implica quantomeno che il primario si procuri informazioni precise sulle iniziative intraprese dagli altri medici (o che questi intendono intraprendere) cui il paziente sia stato affidato, ed indipendentemente dalla responsabilità degli stessi, con riguardo a possibili, e non del tutto imprevedibili, eventi che possono intervenire durante la degenza del paziente in relazione alle sue condizioni, allo scopo di adottare i provvedimenti richiesti da eventuali esigenze terapeutiche. In tale quadro, anche la contingente mancanza di un'apparecchiatura necessaria, per quanto non imputabile al primario, non lo esime dal dovere di adottare, o controllare che siano adottati, i possibili accorgimenti sostitutivi, e di informare la paziente del maggior rischio connesso ad un parto che si svolga senza l'ausilio di detto strumento, e ciò anche in assenza, nella legislazione nazionale, di uno standard di riferimento degli strumenti di cui una struttura sanitaria pubblica deve necessariamente disporre. (Nella specie, i giudici di merito, con valutazione ritenuta corretta dalla S.C., avevano posto a carico di un primario della divisione di ostetricia di un ospedale le irreversibili menomazioni a carico del sistema nervoso centrale cagionate ad un neonato a seguito di grave asfissia al momento della nascita, addebitandogli la carenza di controlli, ed in particolare di un monitoraggio continuo dovuta anche alla indisponibilità di un cardiotografo durante il ricovero della partoriente e durante le varie fasi del parto, colposamente non accelerate in relazione alle particolarità del caso, determinate dalla immaturità del feto ed alla rottura anticipata della membrana).

(massima n. 2)

In tema di responsabilità del medico dipendente di una struttura ospedaliera per i danni subiti da un neonato, partorito da donna della quale costui era medico di fiducia, per difetto di assistenza nelle varie fasi del parto, per quanto non possono essere a lui addebitate le carenze della struttura stessa, nè la condotta colposa di altri dipendenti dell'ospedale, a lui incombe, tuttavia, l'obbligo, derivante dal rapporto privatistico che lo lega alla paziente, di informarla della eventuale, anche solo contingente, inadeguatezza della struttura, tanto più se la scelta della stessa sia effettuata proprio in ragione dell'inserimento di quel medico in quella struttura, nonché di prestare alla paziente ogni attenzione e cura che non siano assolutamente incompatibili con lo svolgimento delle proprie mansioni di pubblico dipendente. (Nella specie, la S.C. ha cassato, sul punto, la decisione della Corte di merito che, in riforma della sentenza del giudice di primo grado, aveva escluso la responsabilità del medico di fiducia della partoriente nella causazione del danno neonatale sul rilievo che, avendo egli preso servizio poco prima dell'inizio del parto, non sarebbero stati a lui addebitabili nè i precedenti interventi di altri sanitari, del tutto inadeguati alla particolarità del parto a rischio, nè le carenze organizzative della struttura, e, in particolare la contingente indisponibilità del cardiotocografo da parte della stessa, senza indagare se detto medico di fiducia avrebbe dovuto, in ipotesi, sconsigliare il ricovero presso quell'ospedale in relazione a detta carenza, recarsi in ospedale anche fuori del proprio orario di servizio, chiedere di essere informato dell'inizio e del decorso del travaglio, od usare altre cautele).

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