Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 21975 del 22 maggio 2013

(1 massima)

(massima n. 1)

I reati di concussione e di indebita induzione di cui agli artt. 317 e 319 quater c.p. (come rispettivamente sostituito il primo ed inserito il secondo dall'art. 1, comma 75, della legge n. 190 del 2012) si distinguono fra loro, in quanto il pubblico agente nella concussione agisce con modalitą o con forme di pressione tali da annientare la libertą di autodeterminazione del destinatario della pretesa, il quale decide, senza che gli sia stato prospettato alcun vantaggio diretto, di dare o promettere un'utilitą, al solo scopo di evitare il danno minacciato, laddove, invece, nella induzione, utilizza modalitą o forme di pressione pił blande, tali da lasciare un margine di scelta al destinatario, il quale accetta l'imposizione per conseguire un proprio vantaggio. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna per concussione commessa prima dell'entrata in vigore della l. n. 190 del 2012, in un'ipotesi in cui l'azione contestata era indifferentemente descritta in termini di costrizione e induzione, perché il giudice di merito provvedesse alla qualificazione giuridica del fatto, e rideterminasse la pena in caso di ritenuta sussistenza del delitto di cui all'art. 319 quater cod. pen).

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