Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 6113 del 25 maggio 1994

(4 massime)

(massima n. 1)

Al fine di stabilire l'esatta qualificazione giuridica tra concussione e corruzione, non è di per sé decisivo l'eventuale vantaggio che deriva al privato dalla accettazione della illecita proposta del pubblico ufficiale: ciò che conta è sempre e soltanto la esistenza o meno di una situazione idonea a determinare uno stato di soggezione del privato nei confronti del pubblico ufficiale. In una tale situazione di oggettiva disparità e di soggezione si trova il contribuente di fronte ad un funzionario dell'ufficio imposte o dell'ufficio del registro, giacché il rifiuto della illecita proposta del pubblico ufficiale tesa ad una favorevole definizione della somma d'imposta da pagare in corrispettivo di una dazione di denaro, non lascia il privato nella identica situazione debitoria verso la pubblica amministrazione in cui sarebbe stato in mancanza di tale proposta. In caso di rifiuto della illecita proposta, il privato è infatti potenzialmente esposto alle condotte ritorsive del funzionario, tanto più in presenza di attività parzialmente discrezionali, che possono determinare il timore di possibili danni, potendo di fatto il funzionario impedire una definizione celere della pratica con adesione da parte del contribuente, che si troverebbe così costretto ad intraprendere la lunga e complessa via contenziosa, foriera di aggravi di spese e di perdite di tempo.

(massima n. 2)

In tema di reati contro la pubblica amministrazione, l'istigazione alla corruzione prevista dall'art. 322, comma 4, c.p. è stata introdotta dal legislatore come ipotesi residuale per punire le condotte del pubblico ufficiale che non integrano tentativo di concussione, quando cioè esula ogni significato di costrizione o di induzione nei confronti del privato. Si realizza il delitto punito dagli artt. 56-317 c.p. — e non quello previsto dall'art. 322, comma 4, c.p. — tutte le volte in cui la condotta del pubblico ufficiale è astrattamente idonea a determinare uno stato di soggezione, anche se poi — per particolare resistenza o forza del soggetto passivo — tale risultato non si produce.

(massima n. 3)

La situazione di oggettiva disparità idonea a determinare uno stato di soggezione del privato nei confronti del pubblico ufficiale sussiste allo stato latente nei rapporti con talune pubbliche amministrazioni aventi una rilevante incidenza nella vita dei privati. Quando essa viene resa attuale dalla richiesta illecita formulata dal pubblico ufficiale, si configura il reato di concussione (art. 317 c.p.). (Fattispecie in tema di concussione, in cui un funzionario dell'ufficio del registro aveva condizionato la favorevole definizione della somma d'imposta da pagare alla dazione illecita di una somma di denaro).

(massima n. 4)

Per la configurabilità del tentativo di concussione è sufficiente che siano stati posti in essere atti idonei a costringere o indurre taluno a dare o promettere danaro o altre utilità, indipendentemente dal verificarsi dello stato di soggezione della vittima per effetto del metus publicae potestatis. La refrattarietà del soggetto passivo ad intimorirsi, la sua mancanza di soggezione e perfino la sua decisione di denunziare subito il tentativo subito all'autorità giudiziaria, non escludono la sussistenza del reato. È sufficiente che la condotta del pubblico ufficiale abbia determinato una situazione idonea in astratto a generare quel timore per integrare l'ipotesi del tentativo di concussione. Non può quindi parlarsi di desistenza o inidoneità degli atti nel caso in cui non si verifichi la consumazione del reato per la resistenza della parte offesa.

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