Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 8651 del 23 settembre 1993

(4 massime)

(massima n. 1)

In tema di concussione la promessa dell'utilità può mancare di precisi contorni (perché, ad esempio, il pubblico ufficiale non ha precisato la propria richiesta o il privato non ha una chiara visione delle proprie attuali disponibilità); ciò che importa è che il concusso si dichiari formalmente deciso a trasferire in caso al funzionario infedele una qualche somma o una qualche utilità.

(massima n. 2)

In tema di concussione, la circostanza che l'atto, oggetto del mercimonio, del pubblico ufficiale sia illegittimo e contrario ai doveri di ufficio non comporta automaticamente la degradazione del titolo del reato in corruzione, neppure quando il soggetto passivo versi già in illecito e sia consapevole dell'illegittimità dell'atto, ben potendo verificarsi il caso che si mantenga inalterata la posizione di preminenza prevaricatrice del pubblico ufficiale sull'intimorita volizione della vittima.

(massima n. 3)

Nella concussione il privato versa in stato di soggezione (metus publicae potestatis) di fronte alla condotta del pubblico ufficiale, mentre nella corruzione i due soggetti vengono a trovarsi in posizione di sostanziale parità. Peraltro, l'eventuale insorgere di trattative tra il pubblico ufficiale ed il privato non comporta necessariamente il configurarsi del delitto di corruzione, quando la volontà del privato stesso sia coartata e non sia libera di determinarsi; né vale ad escludere la concussione il fatto che l'iniziativa sia stata presa dal privato e non dal pubblico ufficiale, allorché il primo abbia agito nel timore del danno minacciatogli dal secondo o per evitare maggiori danni e molestie.

(massima n. 4)

Può aversi concussione anche se dall'accettazione della pretesa del pubblico ufficiale il privato abbia avuto, con accertamento a posteriori, un vantaggio economico, dato che l'intento del privato di conseguirlo non esclude la condotta concussoria.

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