Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 9281 del 26 agosto 1994

(1 massima)

(massima n. 1)

Il provvedimento di revoca della sospensione condizionale della pena previsto dall'art. 168, comma 1, ha natura dichiarativa e conseguentemente gli effetti sostanziali risalgono di diritto al momento in cui si è verificata la condizione, anche prima ed indipendentemente dalla pronuncia giudiziale, giacché la revoca formale non è che un atto ricognitivo di una decadenza già avvenuta ope legis al momento del passaggio in giudicato della sentenza attinente al secondo reato. Ne consegue che il giudice di appello — svolgendo un'attività puramente ricognitiva e non discrezionale o valutativa e senza, dunque, che si contravvenga al divieto di reformatio in peius — ha il potere, anche se l'appello è stato proposto dal solo imputato, di revocare la sospensione condizionale concessa con altra sentenza irrevocabile in altro giudizio, negli stessi termini in cui tale potere è attribuito al giudice dell'esecuzione. Diversamente, nell'ipotesi prevista dal comma 2 dello stesso art. 168, il provvedimento di revoca non è meramente dichiarativo ma costitutivo ed investe una valutazione che resta preclusa al giudice dell'esecuzione, cosicché il giudice di appello non può revocare l'ordine di sospensione condizionale della pena qualora il condannato riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso che, cumulata a quella precedentemente sospesa non supera i limiti di cui all'art. 163 c.p., tenuto conto dell'indole e della gravità del reato, ove appellante sia il solo imputato, contravvenendo, in caso contrario, al divieto di reformatio in peius.

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