Cassazione civile Sez. II sentenza n. 4137 del 16 giugno 1983

(3 massime)

(massima n. 1)

L'ammissione di un dato mezzo di prova (che avviene con ordinanza, e mai con sentenza) non preclude al giudice l'assunzione in seguito di qualsiasi altro mezzo istruttorio, salve le specifiche preclusioni derivanti dall'assunzione delle cosiddette «prove piene», quali la confessione ed il giuramento decisorio.

(massima n. 2)

Nel procedimento di denuncia di nuova opera, la legittimazione passiva, nella prima fase (a cognizione sommaria) - intesa ad ottenere un provvedimento che assicuri la conservazione della situazione materiale dedotta in causa, con l'inibizione di un suo mutamento o con la predisposizione di cautele idonee per la rimessione in pristino - spetta tanto all'autore materiale dell'opera, quanto all'eventuale autore morale, mentre nella seconda fase (di merito ed a cognizione piena), si determina in base alla natura, possessoria o petitoria, della domanda proposta, con la conseguenza che il legittimato passivo si identifica nel destinatario del comando dettato dalla norma invocata dall'attore e, quindi, nell'esecutore materiale ed in quello morale dell'opera, se il denunciante agisce in possessorio, e nel proprietario o titolare di altro diritto reale, se il denunciante agisce in petitorio. Pertanto l'attore, nella seconda fase, può correggere gli errori e le deficienze in cui sia incorso nella prima, provocando l'intervento in giudizio del soggetto o degli altri soggetti legittimati.

(massima n. 3)

Qualora il giudice, pronunciando sentenza non definitiva, ometta di emanare separata ordinanza per la prosecuzione del giudizio, non opera l'art. 289 c.p.c., riguardante i provvedimenti istruttori non contenenti la fissazione dell'udienza successiva e del termine entro cui le parti devono compiere atti processuali, né sono applicabili analogicamente le norme sull'interruzione del processo (artt. 299 e 300 c.p.c.), che consegue ad eventi specifici che colpiscono la parte, ovvero la disposizione per cui il termine determinato dal giudice per la rinnovazione della citazione, la prosecuzione, riassunzione o integrazione del giudizio non può superare i sei mesi (art. 307, terzo comma, c.p.c.) o quelle che stabiliscono un termine di sei mesi per la riassunzione della causa (artt. 50, 54, ecc., c.p.c.), le quali tutte postulano un onere di iniziativa a carico della parte all'uopo di compiere il prosieguo, nello stesso o in altro grado, del procedimento; mentre un onere siffatto non esiste nella situazione suindicata, ma la prosecuzione del processo resta rimessa all'adempimento da parte del giudice dei suoi doveri istituzionali, salva la facoltà dell'interessato di avvalersi di un atto riassuntivo come mezzo al fine di riprendere il contatto con l'ufficio giudiziario ed in quella sede instare per l'emissione del provvedimento istruttorio omesso.

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