Cassazione penale Sez. II sentenza n. 5357 del 6 novembre 1983

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di falsità in foglio firmato in bianco, quando l'agente sia del tutto sfornito del diritto di riempire il documento per averne acquistato il possesso in modo illegittimo, o quando, pur avendone acquistato legittimamente il possesso, non sia provvisto al momento del riempimento di valido mandato ad scribendum (o perché tale mandato non sia mai esistito, o perché non sia valido in quel momento), il delitto di falso non rientra nello schema dell'art. 486 c.p., ma in quello dell'art. 488, ed è punibile quale falsità materiale a norma dell'art. 485 o 491. L'art. 491 c.p., che equipara determinate scritture private agli atti pubblici agli effetti della pena, non richiama, accanto all'art. 485, anche l'art. 486, che prevede la falsità, ideologiche e non materiali, commesse in scritture private in bianco. Il legislatore non ha voluto evidentemente inasprire le pene quando trattasi di falsità ideologiche nelle scritture private suddette. Pertanto, nel caso di falsità in cambiali, sub specie del citato art. 486, si applica la pena stabilita da tale articolo per tutte le scritture private, senza distinzione alcuna.

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