Cassazione penale Sez. V sentenza n. 36778 del 7 novembre 2006

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di reati di falso, il certificato di morte redatto dal medico necroscopico, delegato dell'ufficiale dello stato civile, č atto pubblico, siccome proveniente da un pubblico ufficiale che attesta fatti di sua diretta percezione (effettivitā del decesso, eventuali indizi di reato ecc.); mentre, quello redatto dal medico curante in ordine al momento e alle cause della morte — come risultano dall'attivitā sanitaria espletata prima del decesso — č qualificabile come atto pubblico soltanto se il sanitario opera all'interno di una struttura pubblica e se, con tale atto, concorre a formare la volontā della P.A. in materia di assistenza sanitaria o esercita in sua vece poteri autorizzativi e certificativi: in questi casi, infatti, il medico opera come pubblico ufficiale. Qualora invece il medico curante, nell'immediatezza dell'evento, rilasci il certificato di morte, non destinato all'utilizzazione da parte dell'ufficiale dello stato civile, egli opera come semplice esercente una professione sanitaria, essendo indifferente che egli sia anche un funzionario del Servizio sanitario nazionale. Ne consegue che, in caso di falsitā ideologica del certificato, il reato ipotizzabile č quello di cui all'art. 481 c.p., la cui pena edittale č preclusiva dell'applicazione di misure cautelari, anche soltanto interdittive. (Fattispecie in tema di attestazione, da parte di medici curanti, dell'ora e luogo del decesso di pazienti, invece non sottoposti a visita dopo la morte).

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