Cassazione penale Sez. V sentenza n. 5610 del 5 maggio 1980

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai sensi dell'art. 473 comma terzo, c.p., l'applicazione delle disposizioni penali di cui ai primi due commi è subordinata all'osservanza delle norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale. E poiché tale osservanza è - se non un elemento costitutivo - un presupposto del reato, l'elemento psicologico deve investire anche questo requisito così come investe ogni altro requisito obiettivo del reato. Di conseguenza, nel reato di contraffazione o alterazione di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali il dolo consiste non solo nella coscienza e volontà della contraffazione o alterazione, ma anche nella consapevolezza da parte dell'agente che il marchio (o il segno distintivo, ecc.) sia stato depositato, registrato o brevettato nelle forme di legge. La norma penale in esame, infatti, con la disposizione del terzo comma, intende tutelare oltre al bene della pubblica fede anche il diritto esclusivo di fabbricazione ed uso acquisito dal privato mediante il brevetto, ai sensi degli artt. 2569 c.c. e 1 R.D. 21 giugno 1942, n. 929.

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