Cassazione penale Sez. I sentenza n. 1285 del 13 febbraio 1997

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di provocazione (art. 62 n. 2 c.p.) deve affermarsi che l'attenuante inerisce ad una situazione iniziale di legittimitą o, almeno, di non illiceitą dell'offensore, confliggente con una opposta situazione di illiceitą dell'offeso e qualificata da un intento reattivo a siffatta situazione di illiceitą. Ne consegue che l'attenuante non č applicabile a favore dell'autore di un delitto quando il fatto apparentemente ingiusto della vittima, cui l'agente abbia reagito, sia stato determinato a sua volta da un precedente comportamento ingiusto dello stesso agente o sia frutto di reciproche provocazioni.

(massima n. 2)

La circostanza attenuante comune di cui all'art. 62 n. 6, seconda ipotesi, c.p. solo in via eccezionale opera dopo la commissione del reato e trova fondamento nella minore capacitą a delinquere del colpevole il quale, per ravvedimento, si adopera per eliderne le conseguenze che, pur strettamente inerenti alla lesione o alla messa in pericolo del bene tutelato dalla norma incriminatrice, sono d'altra parte estranee all'esecuzione ed alla consumazione del reato stesso. Ne consegue l'inapplicabilitą a reati in cui il danno penale sia per sua natura irreversibile e non eliminabile neppure in parte dall'opera del colpevole e, in particolare, al delitto di omicidio, in quanto reato di danno il cui evento consiste nella distruzione del bene giuridico protetto, non pił suscettibile di eliminazione o attenuazione successiva da parte del colpevole.

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