Cassazione penale Sez. V sentenza n. 13266 del 25 novembre 1986

(3 massime)

(massima n. 1)

In tema di detenzione e spaccio di monete falsificate, ciò che distingue i reati di cui agli artt. 453 e 455 c.p. da quello previsto dall'art. 457 c.p. è che nei primi la consapevolezza della falsità delle monete deve sussistere nell'agente all'atto della ricezione, mentre nell'ultimo tale consapevolezza è posteriore al ricevimento della moneta falsa.

(massima n. 2)

In tema di falso nummario, punito dall'art. 453 c.p., intermediario è chiunque, senza aver concorso nella contraffazione, acquista banconote dal falsificatore o da chiunque altro sia in relazione con il primo, allo scopo di rivenderle e non già di spacciarle direttamente.

(massima n. 3)

Perché si configuri il reato di spendita di monete false, previo concerto, non occorre una specifica associazione od organizzazione, nella quale i singoli agiscono guidati da un intento comune ed in base ad una precisa ripartizione di compito, ma è sufficiente un qualsiasi rapporto, anche mediato, e cioè attraverso uno o più intermediari, tra spacciatori e falsificatori. Ne consegue che risponde del reato sopra indicato e cioè di spaccio di monete false, previo concerto sia colui che richieda ad altro di intraprendere lo smercio di monete false, sia colui che accetta la proposta, pur se entrambi non pongano direttamente in circolazione le banconote ma lo facciano servendosi di una terza persona.

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