Cassazione penale Sez. I sentenza n. 7489 del 26 settembre 1984

(2 massime)

(massima n. 1)

Ai fini della sussistenza del delitto di strage, di cui all'art. 422 c.p., il fine di uccidere, proprio perché integra il dolo specifico del reato, non può essere mai surrogato del dolo omicida eventuale. Pertanto, la morte di una o più persone deve sempre rappresentare lo scopo specificamente perseguito dall'agente e non un evento che il soggetto, nel volerne un altro meno grave, si sia rappresentato come probabile o possibile conseguenza della propria verificazione e perciò agendo anche a costo di determinarlo.

(massima n. 2)

Non è sufficiente, perché sussista il delitto di strage, di cui all'art. 422 c.p., provocare un incendio al fine di danneggiare, pur prevedendo come possibile conseguenza che il fuoco causi la morte di qualcuno. Solo se il mezzo usato, per la potenzialità offensiva o per le specifiche modalità di impiego, sia chiaramente rivelatore dell'intenzione di causare la morte di più persone — o almeno di una, nella conosciuta situazione oggettiva di pericolo per altre, richiesta dalla norma — il fine di uccidere può ritenersi sussistente, così venendo realizzato il dolo tipico della strage indipendentemente dal fine ultimo dell'azione. In tal caso di tratta non già di ritenere sufficiente il dolo eventuale, ma di desumere la prova di un fattore interno e soggettivo, qual è la finalità di uccidere, dalle caratteristiche estrinseche della condotta criminosa. (Fattispecie di incendio appiccato ad una discoteca frequentata, con una tanica di benzina).

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