Cassazione penale Sez. I sentenza n. 10107 del 20 dicembre 1974

(1 massima)

(massima n. 1)

Nel reato previsto dall'art. 415 seconda ipotesi, c.p. il dolo — analogamente a quanto richiesto per gli altri reati d'istigazione — consiste nella cosciente volontà di porre in essere l'evento di pericolo considerato dalla norma, cioè, specificamente, di compiere atti per loro natura diretti e idonei ad istigare all'odio tra le classi sociali; volontà che deve essere accompagnata dalla consapevolezza di agire pubblicamente, essendo la pubblicità componente essenziale del delitto. Estranei al dolo richiesto per la sussistenza del reato in argomento sono i moventi e le cause che inducano l'agente a compiere gli atti previsti dalla norma, che possono indifferentemente essere commessi dal soggetto in esecuzione di un impegno assunto, anche dietro compenso, ovvero per l'impulso di un convincimento politico morale o sociale, ovvero a seguito di persuasione o incitamenti ricevuti, o per qualsiasi ragione. La finalità della lotta di classe non può escludere il reato previsto dall'art. 415 c.p. sotto il profilo soggettivo, se detta finalità, in sé lecita, viene perseguita attraverso l'istigazione all'odio, istigazione che il legislatore ha ritenuto di perseguire penalmente, perché idonea a determinare la formazione di pericolosi stati di animo ed a compromettere le condizioni necessarie per il mantenimento dell'ordine e per una sana evoluzione sociale.

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