Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 11487 del 28 novembre 1988

(2 massime)

(massima n. 1)

Il reato di favoreggiamento personale prevede, come condotta punibile, l'aiuto finalizzato alla elusione delle investigazioni: quindi il termine «aiuta» contenuto nell'art. 378 c.p., ha un significato di larga accezione, comprensivo di ogni atteggiamento, di azione o di omissione, non eccettuato quello di chi si rifiuti di fornire notizie utili per l'accertazione del delitto. Il reato di procurata inosservanza di pena, invece, prevede, come condotta punibile solo l'aiuto prestato al latitante per sottrarsi all'esecuzione della pena. Pertanto, in questo secondo caso, il significato del termine «aiuta» non può essere che quello di favorire il ricercato mediante un'attività volontaria, concorrente con quella del latitante al fine della realizzazione dello scopo dallo stesso perseguito.

(massima n. 2)

L'aiuto prestato dal terzo integra gli estremi del reato di procurata inosservanza di pena, solo quando è in rapporto di causalità con l'intenzione del condannato di sottrarsi all'esecuzione della pena. Ne consegue che non può ritenersi responsabile del reato in esame colei che, anche se a conoscenza della qualità di condannato di una persona e del suo proposito di sottrarsi all'esecuzione della pena, si limiti ad avere con la stessa rapporti in sé leciti, non svolgendo nessuna attività concreta per favorirne l'intento. (In base a tale principio si è ritenuto integri il reato in oggetto l'aiuto consistente nel dare al condannato in uso un'auto e nel locargli un immobile fuori mano e senza la prescritta denuncia).

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