Cassazione penale Sez. I sentenza n. 9023 del 10 settembre 1986

(2 massime)

(massima n. 1)

Al fine dell'individuazione del limite tra il comportamento lecito del difensore e l'illecito penale di cui questi possa essere ritenuto responsabile, è necessario stabilire se l'attività svolta sia consistita in suggerimenti e tecniche dilatorie in concreto idonee a fuorviare il processo o a ritardarlo, comunque immuni da sanzioni di qualsiasi specie (penali o disciplinari), oppure se l'attività si rappresenti come coinvolgimento fattivo dell'autore in azioni svianti il corso del processo ed estranee al mandato difensivo. Ne consegue che il difensore può essere ritenuto concorrente nel delitto di favoreggiamento personale o in quello di falsa testimonianza se induce taluno a fornire false notizie a favore del suo raccomandato rispettivamente all'autorità di polizia o a quella giudiziaria. (Fattispecie in tema di assoluzione ex art. 115 c.p., di un difensore considerato responsabile non passibile per il delitto di concorso in falsa testimonianza per istigazione non accolta).

(massima n. 2)

Sussiste il delitto di falsa testimonianza allorché le dichiarazioni false o reticenti siano rese da un testimonio alla autorità giudiziaria nel corso di un procedimento giurisdizionale, mentre sussiste quello di favoreggiamento quando un soggetto renda dichiarazioni compiacenti o favoreggiatrici nel corso di interrogatori resi alla polizia giudiziaria. Quando le false dichiarazioni siano rese alla polizia e all'autorità giudiziaria concorrono entrambi i reati.

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