Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 68 del 8 gennaio 1998

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di omissione di referto, il dolo consiste nella conoscenza da parte del sanitario di tutti gli elementi del fatto per il quale egli ha prestato la propria opera, dai quali può desumersi in termini di possibilità la configurabilità di un delitto perseguibile d'ufficio, e dalla coscienza e volontà di omettere o ritardare di riferirne all'autorità giudiziaria o ad altra autorità indicata nell'art. 361 c.p. Ne consegue che il reato non è realizzato allorché il sanitario, nonostante una rappresentazione oggettivamente erronea della non perseguibilità d'ufficio del fatto esaminato, abbia comunque valutato compiutamente le risultanze di cui egli poteva concretamente disporre, alla luce delle quali sia confortata la ritenuta insussistenza possibilistica di un delitto perseguibile d'ufficio. (Fattispecie nella quale è stato escluso il dolo del delitto di omissione di referto in capo a un medico che aveva visitato un paziente che aveva riportato lesioni personali giudicate guaribili in oltre quaranta giorni a seguito di caduta da una scala nell'ambito del proprio lavoro, essendosi giudicato che le circostanze del fatto erano tali da rendere configurabile solo in termini del tutto ipotetici il reato di cui all'art. 590, comma terzo, c.p., perseguibile d'ufficio).

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