Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 12535 del 4 novembre 1999

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 356 c.p. non è necessario un comportamento fraudolento dell'agente, attuato mediante l'uso di raggiri, essendo invece sufficiente la semplice mala fede nell'esecuzione del contratto, ravvisabile nella consegna alla P.A. di aliud pro alio, il che si verifica non solo quando la cosa sia materialmente diversa per genere o specie da quella pattuita, ma anche quando essa presenti difformità qualitative intrinseche, tali da renderla in tutto o in parte inidonea alla funzione economico-sociale del contratto, quale conosciuta e voluta dalle parti contraenti. Il reato in questione è perciò caratterizzato, sotto il profilo soggettivo, dal semplice dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di consegnare cose diverse da quelle pattuite, senza che occorra anche il proposito dell'agente di conseguire un indebito profitto o di danneggiare l'acquirente. Ai fini, poi, della prova del suddetto elemento psicologico, quando l'esecuzione del contratto sia opera di un imprenditore commerciale, solo la scoperta o l'allegazione di ulteriori elementi, rispetto all'oggettivo inadempimento, possono valere a togliere significato a quest'ultimo e a valutare quindi il fatto come semplicemente colposo. Ciò in quanto le usuali regole di esperienza inducono a ritenere che, in presenza di adeguata preparazione professionale e di normale diligenza, l'esecuzione del contratto sia, nello stesso tempo, espressione della volontà e rappresentazione dell'evento da parte dell'imprenditore e dei suoi eventuali correi.

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