Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 4819 del 11 maggio 1993

(1 massima)

(massima n. 1)

Ai fini della sussistenza del reato di violazione della pubblica custodia di cose (art. 351 c.p.), la qualificazione di cosa «particolarmente custodita» concerne, per l'identità della ratio legis, tutte le categorie di beni menzionate nella predetta norma (corpo di reato, atti, documenti ovvero altra cosa mobile). La qualificazione di «cosa particolarmente custodita» può riguardare, quindi, una copia o un atto originale, in uno o più esemplari e spetta — considerata l'autonoma funzione ad esso pertinente rispetto ad ogni altra comune copia documentale — all'esemplare dei rilievi della Corte dei conti che deve essere conservato nell'apposito registro dei rilievi presso l'ufficio provinciale del Tesoro. Il mancato inserimento in tale registro di uno dei tre esemplari del rilievo della Corte dei conti ovvero la successiva eliminazione di esso integrano, pertanto, il reato di cui all'art. 351 c.p., indipendentemente dalla sussistenza degli altri due esemplari e dalla reperibilità dei medesimi presso la Corte dei conti o nei fascicoli in cui sono riposti, sempreché detti comportamenti siano posti in essere volontariamente e con la coscienza della sottrazione del documento alla funzione per cui deve essere conservato (dolo generico).

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