Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 5947 del 20 maggio 1998

(1 massima)

(massima n. 1)

I reati di favoreggiamento personale e quello di rivelazione di segreti di ufficio, oltre a presentare una diversità di bene giuridico sottoposto a tutela, differiscono anche per le condotte, in quanto quella prevista dall'art. 378 c.p. è a forma libera, comprendendo qualsivoglia comportamento finalizzato a consentire all'autore di un reato di eludere le investigazioni dell'autorità o di sottrarsi alle ricerche di questa, mentre quella prevista dall'art. 326 c.p. si caratterizza per la rivelazione da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio di notizie di ufficio che devono rimanere segrete, e dalla effettività della conoscenza da parte dell'extraneus dell'atto protetto. Ne consegue che, pur potendo la condotta del reato di favoreggiamento comprendere anche quella di rivelazione di segreto di ufficio, quest'ultima figura criminosa conserva, agli effetti del concorso formale di reati, la propria autonomia, sicché deve escludersi l'assorbimento per specialità di tale reato in quello di favoreggiamento. (Fattispecie in tema di rivelazione di segreto di ufficio da parte di un dipendente di un ufficio Gip a favore di un imputato nei confronti del quale era stata emessa una ordinanza applicativa di custodia cautelare).

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