Cassazione penale Sez. I sentenza n. 188 del 7 febbraio 1966

(1 massima)

(massima n. 1)

A tutela dell'interesse militare e, perciò stesso, dell'interesse della sicurezza dello Stato, il codice penale vigente, innovando a quello del 1889, prevede un gruppo di disposizioni che puniscono come delitti fatti che siano compiuti a fine di spionaggio militare (artt. 257 e 258) o la rivelazione di notizie segrete o riservate (artt. 261 e 262). Quando, invece, i fatti, di per sé idonei allo spionaggio, non risultano univocamente diretti ad esso, potendo essere determinati da altri motivi (curiosità ecc.), così che non sarebbero punibili come tentativo di alcuno dei delitti preveduti negli artt. 256-258, il codice penale prevede all'art. 260 una particolare disposizione diretta a reprimerli autonomamente come indizi di un possibile scopo spionistico. Ai fini di stabilire se, nel caso concreto sottoposto al suo esame, ricorrano gli estremi del reato di «spionaggio indiziario» il giudice di merito deve accertare nei suoi precisi termini il fatto addebitato all'imputato, per individuare se esso pur non essendo univocamente diretto allo spionaggio ne possa tuttavia costituire un indizio.

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