Cassazione civile Sez. III sentenza n. 1448 del 15 settembre 1970

(1 massima)

(massima n. 1)

Il periculum in mora, considerato dall'art. 671 c.p.c. per la concessione del sequestro conservativo, non deve consistere soltanto nel subbiettivo timore del creditore di perdere le garanzie del proprio credito, ma deve corrispondere ad una situazione di pericolo reale ed obiettiva, in cui si concreti la possibilità che il patrimonio del debitore venga sottratto o diminuito, sì da non soddisfare più la funzione di garanzia assegnatagli dall'art. 2740 c.c. L'insufficienza di un patrimonio, staticamente considerato, a soddisfare determinati crediti, non legittima in sé l'adozione del sequestro, perché questo è condizionato alla esigenza del timore che il patrimonio, oggetto di responsabilità dell'obbligato, sia sottratto, diminuito o comunque pregiudicato e alla nozione di siffatto timore è estraneo il concetto di sproporzione tra il patrimonio stesso e l'ammontare del credito. La garanzia generale, che a norma dell'art. 2740 c.c. spetta al creditore anche sui beni futuri del debitore, opera, nei confronti del debitore stesso, da quando quei beni, sia pure consistenti in crediti, siano divenuti «suoi», ossia da quando essi siano entrati a far parte del suo patrimonio. Ciò non può dirsi degli stipendi non ancora maturati e delle indennità non ancora dovute al momento del concesso sequestro, cui deve aversi riguardo ai fini della valutazione del periculum in mora. Le mere aspettative non rientrano nella garanzia di cui all'art. 2740 c.c. e perciò la possibilità che esse non si avverino, è estranea al timore di perdere le garanzie stesse.

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