Cassazione civile Sez. III sentenza n. 9696 del 16 novembre 1994

(2 massime)

(massima n. 1)

L'identificazione del mezzo di impugnazione esperibile contro un provvedimento giurisdizionale deve essere fatta in base al principio dell'«apparenza», cioè con riferimento esclusivo alla qualificazione dell'azione data dal giudice nel provvedimento stesso, indipendentemente dalla sua esattezza e dalla qualificazione fornita dall'attore o dalla parte impugnante. Conseguentemente è ammissibile il ricorso per cassazione contro la sentenza con cui il giudice dell'esecuzione abbia qualificato un'opposizione non come opposizione all'esecuzione, ma come opposizione agli atti esecutivi, ancorché il ricorrente basi la sua opposizione sulla contestazione della qualificazione compiuta nella sentenza impugnata. (Nella specie da tale qualificazione derivava l'inammissibilità, per tardività, dell'opposizione stessa; la Suprema Corte, verificata l'esattezza della qualificazione compiuta dal giudice di merito, ha rigettato il ricorso).

(massima n. 2)

La sentenza del giudice dell'esecuzione in materia di opposizione agli atti esecutivi, definita non impugnabile dall'art. 618, comma 2, c.p.c., è ricorribile in cassazione non ai sensi dell'art. 360 c.p.c., ma, solo per violazione di legge, in base all'art. 111 della Costituzione e, conseguentemente, il vizio di motivazione assume rilievo solo sotto il profilo della mancanza assoluta di motivazione (la quale costituisce elemento della sentenza in base all'art. 132 c.p.c.).

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