Cassazione civile Sez. III sentenza n. 3992 del 18 marzo 2003

(3 massime)

(massima n. 1)

In tema di esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, qualora il giudice dell'esecuzione, dopo aver pronunziato ex art. 612 c.p.c. per determinare le modalità dell'esecuzione (stabilendo il modo in cui, in concreto, deve essere eseguito ciò che illegittimamente non è stato fatto o deve essere distrutto ciò che illegittimamente è stato fatto, con designazione dell'ufficiale giudiziario e delle persone che devono provvedere all'attuazione pratica della volontà della legge accertata nel titolo), emetta una seconda ordinanza con la quale disponga nuovamente in ordine al mero svolgimento dell'esecuzione, rimane integrata una mera violazione dell'art. 131 c.p.c. rimediabile con le impugnazioni ordinarie ovvero, se ne ricorrono i presupposti, con l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. (sempre che il giudice non eserciti, anche su sollecitazione di parte, i poteri di relativa revoca ai sensi dell'art. 487 c.p.c.); ove per contro con la detta (seconda) ordinanza il giudice dell'esecuzione dirima una controversia insorta fra le parti in ordine alla portata sostanziale del titolo esecutivo ed all'ammissibilità dell'azione esecutiva intrapresa, va a tale provvedimento riconosciuta natura sostanziale di sentenza, in forza del suo contenuto decisorio sul diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata (cioè su una opposizione all'esecuzione ex art. 615 c.p.c., proposta dall'esecutato o rilevata d'ufficio dal giudice), e come tale esso è impugnabile con l'appello. (In applicazione del suindicato principio, la S.C., nel rigettare le doglianze del ricorrente, ha ritenuto avere il giudice dell'esecuzione correttamente disposto, con riferimento ad opere di demolizione, che dovesse tenersi conto delle regole e delle cautele fissate dalla legislazione urbanistica e suggerite dal c.t.u., in quanto la fissazione di tali regole faceva parte del provvedimento esecutivo, suscettibile di impugnazione per vizi di questo procedimento).

(massima n. 2)

In tema di esecuzione forzata in forma specifica, il titolo esecutivo indica il risultato perseguito e l'ordinanza ex art. 612 c.p.c. stabilisce le modalità di ottenimento del medesimo. Ne consegue che, qualora la realizzazione del risultato richieda il rilascio di autorizzazioni, concessioni o altri provvedimenti da parte della pubblica amministrazione, che si pongano come elementi strumentali al conseguimento del risultato indicato nel titolo, il giudice dell'esecuzione ha il potere di richiederli, collocandosi tale richiesta nella fase esecutiva della realizzazione del diritto sostanziale riconosciuto con il titolo esecutivo. (In applicazione del suindicato principio, la Suprema Corte, nel rigettare le doglianze del ricorrente, ha ritenuto essere stato dal giudice dell'esecuzione, con riferimento ad opere di demolizione, correttamente richiesto — su indicazione del Ctu — il nulla osta del Genio civile e del Comune, trattandosi di richieste amministrative che il medesimo poteva e doveva proporre quali strumenti indispensabili per l'attuazione del diritto indicato nel titolo, appartenenti alla fase esecutiva del procedimento e non incidenti sulla posizione sostanziale dei creditori).

(massima n. 3)

Poiché ai sensi degli artt. 2931 c.c. e 612, 613 c.p.c. la titolarità dei diritti e degli obblighi delle parti deve rimanere identica prima e dopo l'esecuzione forzata, la tutela esecutiva non può andare al di là dell'attuazione della situazione sostanziale, la quale, pertanto, non può essere modificata dal giudice dell'esecuzione. Ne consegue che chi intende ottenere l'esecuzione forzata di una sentenza di condanna per violazione di obblighi di fare (o di non fare) deve chiedere al giudice dell'esecuzione che siano determinate (con provvedimento revocabile o modificabile, ove non abbia avuto ancora esecuzione, dallo stesso giudice che l'ha emesso ai sensi dell'art. 487 c.p.c., nonché impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi) le modalità dell'esecuzione (art. 612, primo comma, c.c.), specificando la prestazione indicata nel titolo, da eseguirsi da parte del debitore.

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