Cassazione civile Sez. Lavoro sentenza n. 20153 del 18 ottobre 2005

(2 massime)

(massima n. 1)

Il quarto comma dell'art. 7 della legge n. 604 del 1966 - che disponeva la sospensione del termine di sessanta giorni, di cui all'art. 6, dal giorno della richiesta del tentativo di conciliazione all'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione fino (fra l'altro) alla data del verbale di fallimento del detto tentativo - è stato sicuramente abrogato a seguito della nuova formulazione dell'art. 410 c.p.c., come operata con i decreti legislativi n. 80 del 1998 (art. 36) e n. 387 del 1998 (art. 19). In particolare, il secondo comma dell'attuale art. 410 dispone che la comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza. Attesa, inoltre, la natura ricettizia degli atti interruttivi della prescrizione e considerato che il legislatore parla di interruzione e non di sospensione della prescrizione, deve ritenersi che la comunicazione che interrompe la prescrizione e sospende il decorso di ogni termine di decadenza è quella fatta al datore di lavoro.

(massima n. 2)

Nel rito del lavoro, l'omessa indicazione, nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, dei documenti, e l'omesso deposito degli stessi contestualmente a tale atto, determinano la decadenza del diritto alla produzione dei documenti stessi, salvo che la produzione non sia giustificata dal tempo della loro formazione o dall'evolversi della vicenda processuale successivamente al ricorso ed alla memoria di costituzione (ad esempio, a seguito di riconvenzionale o di intervento o chiamata in causa del terzo). Pertanto, in caso di mancata produzione con l'atto introduttivo ovvero a seguito di specifico invito del giudice, i documenti non possono essere depositati per la prima volta in appello. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di merito, correggendone la motivazione — di inidoneità della documentazione prodotta in appello ai fini della dimostrazione di una tempestiva impugnazione del licenziamento — nel senso dell'inammissibilità della produzione in secondo grado di documentazione non prodotta in primo grado, nonostante la fissazione di un termine da parte del giudice).

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