Cassazione civile Sez. III sentenza n. 5885 del 9 maggio 2000

(1 massima)

(massima n. 1)

Le questioni attinenti alla giurisdizione che vanno decise dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione sono, a norma dell'art. 374 c.p.c., esclusivamente quelle di cui agli artt. 360 n. 1 e 362 c.p.c. e la deduzione, come motivo di ricorso per cassazione, di una questione riguardante la giurisdizione non può farsi se non sotto il profilo della violazione delle norme che la regolano; ne consegue che non va rimesso alle Sezioni Unite il ricorso proposto avverso una decisione disciplinare della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie col quale si chieda una pronuncia che, disapplicato l'art. 68 D.P.R. n. 221 del 1950, ovvero ritenuta l'illegittimità costituzionale dell'art. 19 D.L.vo C.P.S. n. 233 del 1946, dichiari che avverso la suddetta decisione è ammessa l'impugnativa dinanzi al tribunale ordinario, giacché in tal caso non viene censurata la decisione della Commissione per mancato rispetto delle norme sulla giurisprudenza, bensì il sistema procedimentale disciplinare, e cioè le norme che non consentono l'impugnazione della decisione de qua dinanzi al tribunale, mentre, per poter porre la questione di giurisdizione nei termini normativi prospettati, il ricorrente avrebbe dovuto impugnare la decisione della Commissione dinanzi al tribunale ordinario e, ove il tribunale avesse declinato la propria giurisdizione, investire con regolamento di giurisdizione le S.U. della S.C. riproponendo le stesse questioni disattese del giudice di merito.

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