Cassazione penale Sez. V sentenza n. 25510 del 12 giugno 2003

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di bancarotta fraudolenta impropria da reato societario, la nuova formulazione dell'art. 223, comma 2 n. 1, l. fall., introdotta dall'art. 4 del D.L.vo 11 aprile 2002, n. 61, non ha riprodotto, tra i fatti-reato che possono essere causa o concausa di dissesto societario, l'art. 2623 c.c. che, al n. 3), prevedeva il fatto degli amministratori che impediscono il controllo della gestione sociale da parte del collegio sindacale. La tutela del regolare esercizio dell'attività di controllo è ora affidata ad una nuova disposizione, quella contenuta nell'art. 2625 c.c., che ha depenalizzato, in parte, l'illecito previsto dal vecchio art. 2623 c.c. (nel caso in cui non vi siano stati danni per i soci), prevedendo, in ipotesi contraria, una fattispecie delittuosa punibile a querela della persona offesa. (Nel caso di specie, la S.C., nel riqualificare l'originario addebito, formulato ai sensi degli artt. 223 l. fall. in relazione all'art. 2623 c.c., ora abrogato, ha ritenuto che, sussistendo il danno per i soci, residuasse la fattispecie di cui al comma secondo dell'art. 2625 c.c., relativamente alla quale, però, non risultando proposta la querela nel termine di legge — sia pure con la decorrenza stabilita dall'art. 5 del D.L.vo n. 61/2002, e cioè dalla data di entrata in vigore della stessa normativa — ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, con la formula corrispondente).

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