Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 20135 del 29 aprile 2004

(1 massima)

(massima n. 1)

Qualora la Corte di cassazione definisca (nella specie dichiarandolo inammissibile) il ricorso proposto dall'imputato deceduto nelle more della fissazione dell'udienza, la decisione non č affetta da errore materiale, suscettibile di rimedio ai sensi dell'art. 130 c.p.p., ma č viziata da errore di fatto, in quanto - dovendo il giudice, in ogni stato e grado del procedimento, verificare l'esistenza in vita dell'imputato - vi č stata una non esatta percezione della realtā che ne ha fuorviato la volontā al momento della sua formazione, determinando un provvedimento diverso da quello che sarebbe stato adottato in presenza di una corretta rappresentazione della realtā stessa. (Nella specie la Corte ha peraltro ritenuto che a tale errore non si possa ovviare neanche con la procedura prevista dall'art. 625 bis c.p.p. in mancanza di ricorso straordinario proposto dal Procuratore generale presso la Corte suprema, unica parte legittimata ad attivarla dopo la morte del condannato).

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