Cassazione civile Sez. III sentenza n. 19293 del 3 ottobre 2005

(2 massime)

(massima n. 1)

Ancorché l'art. 21 della L.F. non sia richiamato dalla disciplina della liquidazione coatta amministrativa, il principio in esso previsto deve ritenersi applicabile, ricorrendo una eadem ratio anche alle vicende concernenti l'illegittimità di tale procedura concorsuale minore, sia che esse afferiscano al provvedimento di messa in liquidazione, sia che riguardino l'eventuale sentenza dichiarativa dell'insolvenza. Ne consegue che, qualora avverso un provvedimento di messa in liquidazione coatta amministrativa penda avanti all'A.G.O. (dopo positivo regolamento di giurisdizione) un giudizio di accertamento della sua giuridica inesistenza (promosso dall'ex amministratore contro la gestione liquidatorie e l'autorità amministrativa), poiché, in applicazione dell'art. 21 citato, gli effetti della sentenza di accertamento della inesistenza del provvedimento di liquidazione amministrativa (peraltro destinati a prodursi solo al momento del passaggio in cosa giudicata) non sono configurabili come retroattivi, nel senso che non eliminano gli effetti dello svolgimento dell'attività da parte degli organi della gestione liquidatoria, non è sostenibile, perché sarebbe contraddittorio, che la previsione del loro verificarsi possa giustificare la sospensione del giudizio, nel quale la gestione liquidatoria abbia fatto valere verso un terzo un diritto dell'impresa assoggettata alla liquidazione, pur se in esso sia intervenuto l'ex amministratore della società in bonis assumendo l'inesistenza del provvedimento.

(massima n. 2)

La decisione che (pur dopo positivo regolamento di giurisdizione) deve intervenire in un giudizio instaurato dall'ex amministratore avanti all'A.G.O. per la declaratoria della giuridica inesistenza di un provvedimento di messa in liquidazione coatta amministrativa di una società, se comporta che l'esame della domanda di accertamento della inesistenza del provvedimento di liquidazione debba essere svolto dal giudice ordinario (il quale, dunque, potrà dichiarare inesistente il provvedimento, se ricorrano le ragioni di fondatezza del merito della relativa pretesa) e se implica che la relativa declaratoria comporterà che l'Amministrazione che dispose la liquidazione si debba conformare a quanto imposto da tale declaratoria, ai sensi dell'art. 4 della legge n. 2248 del 1865, All. E, abolitiva del contenzioso amministrativo, non può, invece, determinare l'automatico venir meno degli effetti prodotti dal provvedimento di messa in liquidazione e quindi degli atti di gestione compiuti dagli organi della procedura e, pertanto, anche dell'esercizio della legittimazione processuale in un giudizio che il commissario liquidatore abbia instaurato nei confronti di un terzo relativamente ad un rapporto corrente con la società e quindi, e per converso, la retroattiva attribuzione della legittimazione a rappresentare la società all'ex amministratore che in esso sia intervenuto, agendo per la società in bonis e facendo valere l'inesistenza del provvedimento di messa in liquidazione. Infatti, se non si accedesse a tale conclusione, si attribuirebbe alla sentenza adottata dall'A.G.O. l'effetto di rimuovere il provvedimento di liquidazione quanto agli effetti che ha prodotto, fra cui quello di consentire al commissario liquidatore di agire in giudizio e di escludere — ai sensi dell'art. 200 legge fall. — la legittimazione all'organo sociale, con conseguente violazione del comma secondo del citato art. 4. Viceversa, una volta accertata con sentenza definitiva l'inesistenza del provvedimento di liquidazione, occorre che la P.A. compia gli atti necessari ad ottemperare ad essa (e fra essi la rimozione del commissario liquidatore e l'esecuzione di tutte le attività necessarie per ripristinare gli organi sociali ordinari) e, in mancanza, ben si può ricorrere al giudizio di ottemperanza. Ma, fintanto che il giudicato non si sia formato e l'ottemperanza spontanea o coattiva tramite tale giudizio non sia avvenuta, il provvedimento di messa in liquidazione coatta amministrativa continua ad espletare i suoi effetti ed a legittimare il commissario liquidatore alla rappresentanza giudiziale (Sulla base di tali principi la S.C. ha escluso la legittimità del provvedimento di sospensione ex art. 295 c.p.c., adottato dal giudice del giudizio instaurato dal commissario liquidatore in attesa della definizione di quello sulla detta inesistenza).

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