Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1597 del 2 giugno 1997

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di misure cautelari personali puō parlarsi di Ģgiudicato cautelareģ, quale situazione valutabile naturalmente solo rebus sic stantibus, solo quando vi sia identitā dei fatti posti a fondamento della misura, ferma la possibilitā di applicare nuovamente la misura stessa ove sopravvengano elementi non ancora valutati. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha escluso che l'intervenuto proscioglimento dell'indagato con riferimento al reato associativo precludesse l'emissione di una misura per i reati fine, pur essendo i fatti materiali posti a base della prima misura sostanzialmente coincidenti con quelli della seconda, essendo la seconda misura basata su elementi di valutazione nuovi emersi e sottoposti all'attenzione dell'autoritā giudiziaria con una successiva approfondita informativa della polizia giudiziaria).

(massima n. 2)

Le condizioni per la rimessione devono ritenersi operanti non solo rispetto a quelle attivitā processuali riconducibili nella categoria del processo vero e proprio, ma anche in tutti i casi nei quali la legge processuale affida al giudice il compito di emettere decisioni corrispondenti all'esercizio della funzione giurisdizionale, anche se non sia stata ancora promossa l'azione penale a norma dell'art. 405 c.p.p. e, quindi, non sia stato ancora instaurato il rapporto inquadrabile nello schema concettuale del processo. Ne consegue che la richiesta di rimessione č ammissibile anche se proposta nella fase di chiusura delle indagini preliminari quando, a seguito della richiesta avanzata dal P.M. a norma dell'art. 408 c.p.p., il giudice per le indagini preliminari č chiamato a decidere se disporre, o non, l'archiviazione, essendo indubbio che, in tale situazione procedimentale, il giudice č investito di poteri decisori, di merito e di carattere processuale, che corrispondono all'esercizio della giurisdizione.

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