Cassazione penale Sez. Unite sentenza n. 1 del 28 giugno 2000

(3 massime)

(massima n. 1)

In tema di giudizio abbreviato, pur mancando nell'art. 599 c.p.p. una disposizione analoga a quella dell'art. 442, terzo comma, stesso codice, anche la sentenza emessa a conclusione del giudizio di appello tenutosi con le forme camerali deve essere notificata all'imputato non comparso, a norma degli artt. 127, settimo comma, e 128 stesso codice, e dalla data della notificazione decorre il termine per impugnare.

(massima n. 2)

Poiché la cosa giudicata si forma sui capi della sentenza (nel senso che la decisione acquista il carattere dell'irrevocabilità soltanto quando sono divenute irretrattabili tutte le questioni necessarie per il proscioglimento o per la condanna dell'imputato rispetto a uno dei reati attribuitigli), e non sui punti di essa, che possono essere unicamente oggetto della preclusione correlata all'effetto devolutivo del gravame e al principio della disponibilità del processo nella fase delle impugnazioni, in caso di condanna la mancata impugnazione della ritenuta responsabilità dell'imputato fa sorgere la preclusione su tale punto, ma non basta a far acquistare alla relativa statuizione l'autorità di cosa giudicata, quando per quello stesso capo l'impugnante abbia devoluto al giudice l'indagine riguardante la sussistenza di circostanze e la quantificazione della pena, sicché la res iudicata si forma solo quando tali punti siano stati definiti e le relative decisioni non siano censurate con ulteriori mezzi di gravame. Ne consegue che l'eventuale causa di estinzione del reato deve essere rilevata finché il giudizio non sia esaurito integralmente in ordine al capo di sentenza concernente la definizione del reato al quale la causa stessa si riferisce. (Fattispecie relativa a prescrizione del reato).

(massima n. 3)

Una volta che l'imputato abbia formulato uno specifico motivo di gravame sulla mancata applicazione della continuazione, il giudice dell'impugnazione ha l'obbligo di pronunciarsi sul tema di indagine devolutogli, per l'evidente ragione che al principio devolutivo è coessenziale il potere-dovere del giudice del gravame di esaminare e decidere sulle richieste dell'impugnante: sicché, stante la correlazione tra motivi di impugnazione e ambito della cognizione e della decisione, non è ammissibile che il giudice possa esimersi da tale compito, riservandone la soluzione al giudice dell'esecuzione e possa, così, sovrapporre all'iniziativa rimessa al potere dispositivo della parte la propria valutazione circa l'opportunità di esaminare, o non, l'istanza dell'impugnante. Ne consegue che, qualora il giudice di appello abbia omesso di pronunciare sulla richiesta di continuazione formulata con specifico motivo di impugnazione, sussiste l'interesse dell'imputato al ricorso per cassazione per la mancata pronuncia sul punto.

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