Cassazione penale Sez. I sentenza n. 749 del 16 maggio 2000

(1 massima)

(massima n. 1)

Il provvedimento applicativo dell'indulto, emesso in sede di cognizione, in quanto condizionato ex lege, non ha carattere definitivo, potendo essere sempre revocato in executivis, pur se erroneamente emesso in presenza di una causa di revoca, a meno che non risulti che quest'ultima, nota al giudice, sia stata almeno implicitamente valutata e ritenuta inoperante. Qualora, invece, sia lo stesso giudice dell'esecuzione a dichiarare condonata la pena con provvedimento impugnabile a norma degli artt. 672, comma primo, e 667 c.p.p., la decisione assume — in forza del generale principio del ne bis in idem operante, in quanto compatibile, anche nel procedimento esecutivo — carattere di definitivitą e deve, quindi, ritenersi irrevocabile, essendo suscettibile di modifica solo in sede di gravame, ma non per successivo e autonomo intervento del giudice dell'esecuzione, cui la stessa questione potrebbe essere riproposta, data la natura di pronuncia «allo stato degli atti» dei provvedimenti da lui emessi, soltanto in una mutata situazione di fatto, e non sulla base di elementi preesistenti. Ne consegue che nel procedimento di esecuzione l'erronea applicazione dell'indulto in presenza di una causa di revoca, una volta definitiva, preclude l'accoglimento di una successiva istanza del pubblico ministero intesa a far valere la medesima ragione di revoca.

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