Cassazione penale Sez. I sentenza n. 4019 del 3 agosto 1995

(1 massima)

(massima n. 1)

In tema di applicazione della continuazione in executivis, incombe all'interessato indicare i reati ai quali il nesso della continuazione si riferisce, senza che si debba ritenere sussistente a suo carico l'onere di provare l'unitarietà del disegno criminoso, spettando al giudice dell'esecuzione individuare i dati sostanziali di possibile collegamento, con approfondita disamina dei casi giudiziari, acquisendo d'ufficio le relative decisioni, se non già allegate alla richiesta prevista dall'art. 671 c.p.p., che può provenire dal condannato o dal P.M. A tale giudice incombe il dovere di esaminare se sussista la preordinazione di fondo che cementa le singole violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge, confluenti nell'ambito di una previsione originaria unitaria riconducibile all'ideazione complessiva iniziale e a una sia pur generica volontà, mediante il rilevamento, la disamina, il collegamento e la valutazione di indici rivelatori (come, tra l'altro, la distanza cronologica, l'omogeneità delle violazioni, le modalità delle condotte, la sistematicità e le abitudini programmate di vita, la tipologia dei reati, il bene protetto, la causale, le condizioni di tempo e di luogo in cui le violazioni si sono verificate, elementi da valutarsi almeno in parte con criterio di reciproca inferenza) dell'identità del disegno criminoso unificatore, che può persistere anche dopo condanne, non definitive o irrevocabili, o dopo lo stato di detenzione e che è da tenere ben distinto dalla ripetizione o dall'abitualità di determinati comportamenti illeciti.

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