Cassazione civile Sez. II sentenza n. 17398 del 30 agosto 2004

(2 massime)

(massima n. 1)

In tema di condominio degli edifici, il decoro architettonico — allorché possa individuarsi nel fabbricato una linea armonica, sia pure estremamente semplice, che ne caratterizzi la fisionomia — è un bene comune il cui mantenimento è tutelato a prescindere dalla validità estetica assoluta delle modifiche che si intendono apportare. Pertanto, una volta accertato che le modifiche non hanno una valenza ripristinatoria o migliorativa dell'originaria fisionomia, ma alterano quest'ultima sensibilmente, non ha alcuna rilevanza l'accertamento — del tutto opinabile — del risultato estetico della modifica, che deve ritenersi non consentita quand'anche nel suo complesso possa apparire a taluno gradevole.

(massima n. 2)

In tema di condominio degli edifici, la tutela del decoro architettonico — di cui all'art. 1120, secondo comma, c.c. — attiene a tutto ciò che nell'edificio è visibile ed apprezzabile dall'esterno, posto che esso si riferisce alle linee essenziali del fabbricato, cioè alla sua particolare struttura e fisionomia, che contribuisce a dare ad esso una sua specifica identità. Ne consegue che — a prescindere da ogni considerazione sulla proprietà dei muri perimetrali, che l'art. 1117, n. 1, c.c. espressamente annovera tra i beni comuni — il proprietario della singola unità immobiliare non può mai, senza autorizzazione del condominio, esercitare una autonoma facoltà di modificare quelle parti esterne, siano esse comuni o di proprietà individuale (come, ad esempio, la tamponatura esterna di un balcone rientrante), che incidano sul decoro architettonico dell'intero corpo di fabbrica o di parti significative di esso.

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