Cassazione civile Sez. I sentenza n. 13056 del 9 settembre 2002

(1 massima)

(massima n. 1)

Con riferimento all'ipotesi di concordato preventivo cui abbia fatto seguito la dichiarazione di fallimento, il credito relativo a mutuo contratto, con l'autorizzazione del giudice delegato, dall'imprenditore (il quale, come si evince dall'art. 167 legge fall., non è spossessato dei beni, ma conserva l'amministrazione di essi e l'esercizio dell'impresa e può validamente obbligarsi, da solo, nell'ambito dell'amministrazione ordinaria e, previa autorizzazione del giudice delegato, nell'ambito dell'amministrazione straordinaria), per effettuare il deposito (ai sensi dell'art. 163, n. 4 legge fall.) della somma necessaria per le spese della procedura di concordato, non costituisce debito di massa, ma debito contratto dall'imprenditore nel suo esclusivo interesse e, come tale, non può essere soddisfatto in prededuzione, atteso che il predetto deposito non si identifica, agli effetti dell'art. 111, n. 1, legge fall., con le spese del procedimento che lo stesso mira a soddisfare, né il mutuo a tal fine stipulato è riconducibile ai debiti contratti per la gestione della procedura, a nulla rilevando l'autorizzazione concessa dal giudice delegato, la quale è volta semplicemente a porre la massa dei creditori anteriori al riparo dai pregiudizi derivanti dall'indiscriminata assunzione di nuove obbligazioni da parte del debitore, e non trasforma, dunque, l'operazione di finanziamento dell'imprenditore in debito contratto, nell'interesse dei creditori, dagli organi della procedura per la gestione della stessa.

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