Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 1677 del 28 maggio 1996

(1 massima)

(massima n. 1)

Possono essere oggetto di sequestro probatorio ai sensi dell'art. 253 comma 2 c.p.p. le cose che costituiscono il profitto e quindi il corpo del reato, cioè gli oggetti provvisti di utilità economica che il reo si è procurato attraverso il reato. In tal caso il sequestro può essere disposto senza che l'autorità giudiziaria debba motivare in ordine alla sufficienza degli indizi. Una somma di denaro può essere definita «cosa che costituisce profitto del reato» solo se è proprio quella che è stata acquisita attraverso l'attività criminosa, ma dal momento che essa perde tale identità, come avviene ad esempio attraverso il suo deposito presso un istituto di credito, per disporne il sequestro occorre dimostrare la necessità dell'acquisizione ai fini dell'accertamento dei fatti, motivare sul punto il provvedimento e trasmettere al tribunale del riesame, in caso di impugnazione, gli atti su cui il provvedimento si fonda. (Nell'affermare il principio di cui in massima la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento di sequestro del P.M. e l'ordinanza del tribunale del riesame che lo confermava con il quale era stato disposto il sequestro, quale corpo del reato, delle somme erogate dal Coni all'Asi ritenendole profitto del reato di abuso patrimoniale in atti di ufficio).

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